«I libri (e gli animali) sono gli amici più tranquilli e costanti e gli insegnanti più pazienti».
(Charles W. Eliot)
Bentrovata e bentrovato,
oggi ho piacere di introdurti un Progetto a me molto caro, si tratta di Una zampa fra le pagine e, in particolare, vorrei cominciare dalle premesse che hanno fatto germogliare questa proposta singolare.
Ti anticipo subito che non esaurirò il racconto in questo mio articolo, ma ti accompagnerò in un piccolo viaggio a tappe, inframmezzato da alcune soste ristoratrici, in cui potrai fermarti a riflettere, mettere pensiero, pormi delle domande, per poi riprendere insieme il cammino, alla scoperta di una proposta un po’ insolita, ma molto affascinante e in cui disseminerò, qua e là, alcune parole chiave da raccogliere e tenere in tasca.
Da dove cominciare? L’abbrivio me lo dà il presente, guardare quello che c’è, alzare lo sguardo sulla contemporaneità per vedere come si muove tutto il complesso ecosistema della nostra cultura e della nostra società. E che cosa vedo?
Vedo che ci sono bambini che amano ascoltare le storie e lasciarsi cullare dal suono delle parole, da una voce calda e familiare o da una voce amica; altri che amano leggerle e altri ancora che proprio non ne vogliono sapere di prendere in mano un libro. E poi ci sono bambini che fanno fatica, per i quali la lettura è proprio un fardello pesante da portare; altri che si vergognano di leggere ad alta voce davanti ai compagni e altri ancora che hanno paura di sbagliare e di essere derisi.
In fondo, oggi sappiamo che Non siamo nati per leggere! ce lo dicono le Neuroscienze: la lettura è un percorso lungo, faticoso e non privo di ostacoli ma, una volta superati, può diventare una meravigliosa opportunità di crescita personale.
Ho citato, non a caso, la parola fatica, la fatica del gesto di leggere, perché la lettura è uno dei processi più impegnativi che il nostro cervello è chiamato ad attuare; quindi, ci vuole tanta costanza, ci vuole che si inserisca l’abitudine, ci vuole di dover fare quello sforzo, ci vuole che si inneschi la volontà.

Ma non c’è solo questo là fuori. Lo sguardo sulla contemporaneità, su quel gigante che si chiama cultura, che cosa ci fa vedere? Ci mostra una società iper-connessa, digitale, audio-visuale e omologante, in cui paradossalmente domina la solitudine: siamo sempre più connessi e sempre più soli. Una società in cui non esiste più la comunità narrante, in cui le storie scarseggiano, in cui tutto è veloce e i bambini e i ragazzi sono sempre più iperattivi, agitati, frenetici (anche nel pensiero oltre che nel corpo) e incapaci di essere presenti a sé stessi. Bambini che vivono in questo contesto, soggetti alla velocità delle immagini, a ricercare sempre un certo tipo di stimolo, perché è questo a cui sono abituati nel quotidiano, giorno dopo giorno. Bambini che fanno sempre più fatica a prestare attenzione e a concentrarsi o meglio, sviluppano un’attenzione dinamica sempre più precoce, governata dalla vista, l’organo maggiormente sollecitato dallo schermo che offre continue immagini in movimento. Attenzione e concentrazione, due prerequisiti (guarda un po’) essenziali per la lettura. La sovraesposizione allo schermo, al digitale, ai device audio-visuali, determinano una fatica nel bambino e nel ragazzo a rallentare (altro elemento fondamentale per la lettura e soprattutto per la lettura profonda). Allora, quando tornerà nel presente, il bambino cercherà continuamente di riprodurre quel tipo di soddisfazione. Ed ecco innescarsi il circolo vizioso che alimenta quel ritmo e quel tipo di attenzione che genera piacere e che, per questo, sarà continuamente ricercato; ma questa velocità non consente di sviluppare la vera attenzione, che è invece presenza del sé.
E ancora, quel gigante là fuori ci mostra e ci ricorda che tante sono le iniziative di promozione e animazione della lettura introdotte già a partire dagli anni ’80, sebbene i dati statistici, nazionali e internazionali, continuino purtroppo a confermarci una situazione di drammatica deriva della lettura. Da tempo si osservano, infatti, due fenomeni preoccupanti: da una parte abbiamo una persistente e strutturale crisi della lettura e dall’altra delle significative carenze dei bambini e dei ragazzi come lettori motivati, critici e competenti. La lettura dell’albo illustrato a schermo, la lettura prevalentemente animata, tutto è nuovamente rapido, mordi e fuggi, orientato più al divertimento, a catturare l’attenzione dei bambini e dei ragazzi attraverso la velocità. Le parole non si fanno sentire, la storia si legge rapidamente, la trama sfugge via, rimane la risata, il ricordo di una mimica facciale e di gesti esasperati; ma delle parole, della storia, dei significati, che cosa rimane? Sarebbe interessante domandarlo ai piccoli e giovani spettatori.
Viene da chiedersi che cosa possiamo fare? Come possiamo aiutare i bambini e i ragazzi a superare le difficoltà e ad approdare alle storie diventando futuri lettori autonomi?
Per quanto attiene la fatica del leggere, direi che occorre allenarsi, occorre che i bambini la attraversino tutta quella fatica della decodifica del segno scritto. Allora mi domando: esiste un luogo deputato a questo allenamento? Sì, esiste ed è la scuola. La scuola è quotidiana, è uno degli spazi che i bambini vivono di più dopo la famiglia (che, badate bene, rimane comunque l’imprinting principale). La scuola è la palestra migliore di tutte: ogni giorno, almeno un quarto d’ora, meglio venti minuti, i bambini si dovrebbero esercitare a leggere su libri buoni (storie originali, scritte e illustrate bene) e la scuola deve far fare loro questa fatica. Perché quando questa fatica non si sentirà più (e, intanto, a casa i genitori continueranno a raccontare storie o le leggeranno ad alta voce, curandosi dell’anima dei loro bambini), allora il bambino diventerà un lettore fluido molto prima, perché avrà gradualmente interiorizzato la musicalità della lingua e il suo cervello anticiperà la struttura delle frasi e, gradualmente, si innesterà il significato delle parole.
E come possiamo intervenire rispetto a questo avvento della solitudine (o delle solitudini) che viviamo, a questa società in cui mancano le storie, in cui non esiste più la comunità narrante, in cui tutto è veloce? Io penso che sia importante ritornare a offrire ai bambini e ai ragazzi le buone storie e la Letteratura (con la L maiuscola). C’è bisogno di coltivare l’amore per le storie, di far germogliare i molteplici piaceri di leggere, di recuperare lo spazio e il tempo quieto della lettura, di riposizionare il libro in una zona di piacere. E poi, c’è bisogno di esercitare anche l’orecchio, l’ascolto, altro elemento importantissimo per allenare la capacità di costruire immaginari interni, per stare nelle parole dell’altro, per stare attento all’altro. L’attenzione è un punto fondamentale non solo per prestare attenzione a un suono, a un libro, a un’illustrazione; l’attenzione è presenza. Il bambino presente a sé stesso. Se non c’è attenzione il bambino non è nel presente. La presenza si fa anche in situazioni in cui non sono governato da qualcosa di esterno, ma sono io che determino ciò che sta succedendo: come nel gioco in solitaria o nel gioco con un altro bambino. C’è bisogno di coltivare un’attenzione che è presenza di sé e non un vuoto di sé. I bambini hanno bisogno di imparare a stare (e in questo gli animali si rivelano grandi maestri). E allora, occorre tornare davvero al gesto di leggere, con la sua dimensione intima e poi solitaria. È stare nelle parole di qualcuno che narra o di qualcuno che legge. È stare dentro una storia che non mi viene donata perché così io sia più intelligente, ma mi viene offerta perché mi culla il suono e mi posso anche addormentare se voglio. È stare nelle parole e basta.1


(Ringrazio Federica di Officina Piccolina per aver realizzato questi splendidi timbri che accompagneranno il Progetto Una zampa fra le pagine)
Come adulto, mi sento di dirci, facciamoci attenti, sensibili, intercettiamo i bisogni espressi, ma anche quelli silenti, dei nostri bambini e ragazzi, accogliamo l’insuccesso, facciamoci comunità educante e narrante per far fronte alla solitudine, manteniamo lo sguardo sul presente, abbandoniamo la performance, torniamo a scegliere la Letteratura, rallentiamo, raccontiamo e leggiamo, torniamo allo sguardo nello sguardo per far passare le parole dalle orecchie.
Stiamo al fianco dei bambini guardandoli con occhi nuovi, capaci di cogliere le loro essenze e di rispettarli.
Tante sono le riflessioni e i pensieri che potremmo porre per ciascuno di questi aspetti, ma oggi sono qui per raccontarti Una zampa fra le pagine o, meglio, sono qui per incoraggiarti a proseguire il cammino che ti porterà a scoprire questo Progetto. Siamo partiti dai perché, dalle premesse che hanno preparato il terreno su cui seminare e far germogliare Una zampa fra le pagine, guardando quello che c’è per agire nel presente.
E allora direi che è giunto il momento di una prima pausa ristoratrice per darti il tempo di maturare, nei prossimi giorni, qualche pensiero e per accendere, mi auguro, dialoghi interessanti che potrebbero condurre a riflessioni molto pertinenti sul perché, per esempio, si legge o non si legge.
Per approdare ai libri, occorre prima educare alle storie e allenare lo sguardo e il pensiero.
A presto…
- (cit. Alessia Napolitano). ↩︎